| Val Varaita – Storia per immagini
Le immagini di questi apiari-tettoia, così come delle vecchie robuste arnie in pino cembro, dei bugni e dei vecchi strumenti, sono state prese in alcuni luoghi della media-alta Valle Varaita soltanto, ma sono rappresentative di una realtà assai diffusa nell’intera valle, come anche in valli vicine. In genere i tetti delle costruzioni tendono (con alcune eccezioni) a essere spioventi in avanti fino a Frassino, cioè fino agli 800 metri di altezza; spioventi all’indietro da Frassino in su, per meglio convogliare il sole. Un palo sormontato da un’assicella traversa asportabile veniva in genere collocato frontalmente all’apiario, allo scopo di attirare eventuali sciami e, attraverso, l’assicella asportabile, di poterli rimuovere e trasferire in un alveare.
L’abbandono di queste strutture copre un arco di tempo che probabilmente va dal dopoguerra fino alla fine degli anni 80, man mano che i vecchi apicoltori sparivano e che nessuno li rimpiazzava. Oggi risulterebbero inadatte all’apicoltura moderna.
Ma abbandonate o riciclate, queste tettoie rimandano a una tradizione di familiarità con le api che attinge alla presenza di una ricchezza naturale di fioriture. Perciò non devono necessariamente evocare solo rimpianto. Oggi nella valle, oltre al nomadismo che nel corso degli anni è andato aumentando, c’è un’apicoltura locale, amatoriale, che è tornata a diffondersi, e tre aziende professionali, a Brossasco, Piasco e Casteldelfino.
| Borgata Palazzo
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Costruzione isolata, chiusa da tutti i lati espressamente adibita ad apiario, con una porta d’ingresso. E’ collocata nel mezzo di una prato in discesa, con un’ottima esposizione. Abbandonata.
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Sui caratteristici ripiani all’interno della costruzione è collocata una varietà di alveari
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Bugno rustico rotondo con fori di ingresso per le api
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Bugno rustico ricavato da un tronco d’albero con la classica croce per permettere alle api di attaccare solidi favi in verticale
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Bugno rustico squadrato
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Persino un bugno squadrato può avere una finestrella d’osservazione
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Apiario all’interno del gruppo di case
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Altro apiario-tettoia a Borgata Palazzo, riutilizzato come legnaia
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| Borgata Rore
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L’apiario del parroco, che aveva una sessantina di alveari, oggi adibito a garage
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| Casteldelfino
| Frassino
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Alveari sul balcone nella casa della Famiglia Garnero
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Apiario con tettoia di fronte alla casa dei Garnero, il locale chiuso era adibito a magazzino per gli attrezzi da apicoltura
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| Museo “Ier a la vilo” (Casteldelfino)
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Torchio per favi appartenuto a Felice Botta (Fliciòt) di Frassino
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Torchio per favi appartenuto a Felice Botta (Fliciòt) di Frassino.
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Una lettera del 1935 trovata all’interno del torchio, in cui un cliente torinese chiede a Felice Botta il prezzo della “cera gialla d’api garantita pura”.
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Cassetta degli attrezzi appartenuta al padre dell’apicoltore Gian Luca Garnero.
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Tipo squadrato di bugno rustico, coi canonici tre fori di ingresso per le api.
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Solide arnie in pino cembro.
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Solide arnie in pino cembro.
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Finestrella interna (a diaframma) e finestrella esterna, per l’osservazione dello sviluppo delle famiglie d’api senza aprire l’arnia.
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Finestrella interna (a diaframma) e finestrella esterna, per l’osservazione dello sviluppo delle famiglie d’api senza aprire l’arnia.
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| Sampeyre
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Tettoia-apiario nel centro del paese |