Storia

Olga Bernardi Gerthoux – Storia

Olga Bernardi Gerthoux

Borgata Bertines, 29 ottobre 2008

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“Essendo di queste borgate, nata qua nel ‘47, ho sempre saputo che mio suocero, Gerthoux Claudio, aveva le api. Le teneva dietro casa. Aveva fatto una tettoia, metteva una damigiana con l’acqua rovesciata che colava piano piano, perché le api devono avere l’acqua vicino alle case anche se da noi qui intorno l’acqua non manca. Non le ha mai spostate da casa, le ha sempre tenute sul lato dove c’era il sole, fortunatamente qui abbiamo sempre il sole. Siamo a 1400 metri d’altezza. Poi le ha spostate nel prato, a vista. Una volta soltanto ne aveva spostate 4-5 a Frassino, ma non valeva la pena. Poi nel ‘90 hanno preso le malattie, mio suocero è diventato vecchio, mio marito ne ha ancora tenute tre o quattro per un po’ d’anni. Poi noi ci siamo spostati un po’ più giù per via delle scuole, intanto su sciamavano… una volta ci telefonano… Abbiamo chiuso nel ‘94 quando ci siamo spostati giù a Piasco. Fino a qualche tempo fa avevamo ancora un po’ di arnie, poi ultimamente le abbiamo fatte fuori per fare spazio, tantissime, ma di vecchio stampo, quelle fatte col legno di qui, il famoso elvu, pino cembro. Chi è nato qua è un po’ impallinato di queste cosine qua: in questa zona che va da Pontechianale a Sampeyre tutte le case, anche i mobili, sono fatti del legno del bosco dell’Alevè, comprese le arnie. Ma i telaini non erano di misura, le arnie non erano standard, una era 22, l’altra era 23 l’altra 25: si dovevano un po’ adattare. Lui si faceva tutto, a partire dai telaini. I tetti delle arnie erano tutti foderati di zinco. Avevamo un solo bugno, l’ho trovato nell’aia, tra i rimasugli vecchi e l’ ho usato per metterci i fiori, dal 74.
Noi non abbiamo mai comprato api, gli sciami sciamavano, mio suocero li raccoglieva e si andava avanti così. Ne aveva 18-20, nell’anno che io le ho odiate: nel mese d’agosto, tutte le feste qua c’è un po’ di vita e bisognava smelare proprio in quelle giornate lì. Mio suocero ne vendeva di miele, e nelle annate buone ne ha fatto parecchio. Siamo arrivati anche sui duecento chili. Lo comprava gente locale, di qua. Faceva un solo raccolto a fine agosto, era un miele chiaro.
Io il miele lo compro adesso, miele col latte la mattina ne mangiamo tanto, col caffè mi rifiuto perché cambia gusto. Allora lo mangiavamo fresco, col dito, quando si smielava. Finchè era meno denso sul pane, poi nel latte, poi miele e latte per il raffreddore.

Mio suocero era contadino, e poi lavorava all’ENEL; i due figli hanno studiato, sono andati in collegio a Pavia, negli anni ‘55-‘60. D’estate vacanze, però si lavorava, non era come adesso. Era lavoro! Pascolo, fieno, provvigioni, si faceva festa la domenica e basta, sono cambiate proprio radicalmente le abitudini. Adesso si vede solo più prati, una volta c’erano campi di segale e il lavoro era ben diverso.
Mio marito è sempre stato un po’ coinvolto, io solo quando mio suocero non ne poteva poi più, allora sono andata anch’io ad aiutare.
Poi mio suocero si lamentava che sono cominciati a arrivare quelli da giù, dal fondovalle. Che poi sapendo le leggi non avrebbero potuto metterle, ma uno comincia a venire, si fa un’amicizia e poi mio suocero non ha mai detto niente. Loro avevano già fatto una prima smielatura giù, le portavano qui per la seconda. Qua raccolgono, ma più ci sono api meno ci sarà raccolto, dipende anche dalla fioritura, dalla temperatura, dalle piogge. Delle regole non ci siamo mai informati perché le api si tenevano per passione prima, poi per uso famigliare e poi se ce n’era di più per gli amici. Le leggi c’erano, ma non si sono mai applicate. La gente di montagna accetta tutto. Io sono nata in montagna, vissuta a Torino, studiato a Torino, sposata e poi ritornata in montagna però dico chiaramente che i cittadini certe regole non le rispettano, se noi andiamo giù dobbiamo rispettarle, da giù a venire su invece tribolano.
Mio suocero: gente di montagna, prima di ribellarsi… Perché poi l’ho sentito da lui che c’era la legge, perchè era iscritto agli apicoltori: ultimamente si andava a caricare giù a Cussanio i telaini già fatti, la cera si portava giù al Consorzio. Le sapeva queste cose, però stava zitto. Prima c’era un rapporto di amicizia che si instaurava, poi arrivavano le api, e allora vuoi bisticciare? Stai zitto. Da Sampeyre in su non so chi non lo conosca, era una persona socievole, non sarebbe andato a bisticciare. Sapeva la regola ma poi parlava come se non ci fosse la regola.

Era abbonato a varie riviste, è andato a quelle feste di fine anno, è morto nel 97.
Da quando ero piccola ha sempre avuto le api, quando è andato in pensione era la sua passione. Le invernava con paglia e cuscini cuciti da mia suocera. Tutte imbottite le arnie. Ultimamente polistirolo e sopra ancora del nailon. Quando nevicava partiva con la pala per fare aria alle api.
O era a casa o era al campo…”